Storia della mia sessualità by Tobi Lakmaker

Storia della mia sessualità by Tobi Lakmaker

autore:Tobi Lakmaker [Lakmaker, Tobi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-03-28T12:00:00+00:00


Manic Pixie Dream Girl

Alcuni di voi potrebbero non riuscire più a seguire la sequenza temporale del mio racconto. Siccome a me darebbe un fastidio tremendo, ve la spiego un attimo: nella prima parte siamo andati in ordine cronologico, mentre nella seconda stiamo viaggiando a ritroso. E vi anticipo già che nella terza faremo un lungo salto in avanti, fino a un periodo che corrisponde più o meno al presente. Forse la narrazione avrebbe potuto essere più logica, o più chiara, ma a essere sincera non ho una grandissima opinione né della logica, né della chiarezza.

In questa seconda parte ho cercato di raccontare una storia in qualche modo intellettuale, però ho fallito. Credo si debba sempre essere onesti riguardo ai propri fallimenti e io ho fallito perché continuo a deviare dalla sfera intellettuale a quella sessuale. Da questo punto di vista somiglio a Sigmund Freud molto più del previsto.

Ve ne sarete accorti anche voi: io cerco di parlare di Wittgenstein, ma poi finisco sempre a parlare di Georgina Verbaan. Non posso farci niente. Tra l’altro, sono convintissima che una storia si racconti da sola, con l’autore immusonito a cui non resta che mettersi in disparte. È quello che si impara a Lettere, che è un’altra delle facoltà a cui mi sono iscritta. A Lettere si impara una cosa sola: l’Autore è defunto. In linea di principio hanno ragione, visto che gli scrittori che leggevamo di solito erano tutti morti e sepolti da un pezzo.

Ci ho messo un po’ a capire che loro intendevano la questione in un altro senso. Sapete cosa volevano dire? Che un testo va valutato in sé, fregandosene delle intenzioni dell’autore. Lo trovo tremendamente offensivo. Vengo a cercarvi sotto casa, se provate a fregarvene delle mie intenzioni. Forse il primo autore davvero vivente sono io. Quindi, se mai di questo libro si dovesse discutere in un gruppo di lavoro della facoltà di Lettere, chiamatemi. Prendo la bici e vengo a spiegarvele tutte di persona, le mie intenzioni.

A Lettere vigeva l’obbligo di parlare in inglese, perché lì sono convinti che di defunto non ci sia solo l’Autore, ma anche l’olandese. E come se ciò non bastasse, tutti usavano in continuazione la parola “rather”. Secondo me gli studenti credevano che bastasse quella parola per avere ragione. “Rather untrue”, direi.

Gli studenti di Lettere erano quasi tutti stupidi. Stupidi e indisciplinati, due aggettivi che spesso vanno a braccetto. E Lettere era la facoltà ideale per gente stupida e indisciplinata, visto che ti lasciavano dire quello che volevi. D’altronde, dal momento in cui l’Autore viene dichiarato morto, vale tutto. Qualsiasi cosa uno dica è solo una questione di interpretazione.

A un certo punto, tutto quell’interpretare mi ha fatto uscire di senno. Soprattutto i cenni con il capo. Perché bisognava sempre annuire, dopo che qualcuno aveva fornito la sua interpretazione. Avrei preferito che alla fine di ogni commento fossimo autorizzati a lanciarci il libro in testa. Una volta a calcio avevo un allenatore che, quando sbagliavi un tiro, ti gridava: «Ma va’ a giocare a tennis, va’!».



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